Il volume inizia con la presentazione della breve temporale vicissitudine di un Villarosano, grande e sfortunato, Salvatore Gioia, che visse i primi anni della sua esistenza in altra cittadina, sede di lavoro del padre, dove imparò la musica e perfezionò le sue alte capacità canore.
Rientrato in Villarosa, affascinò la cittadinanza per la bellezza fisica e le meravigliose prestazioni ginniche nel gioco del calcio, ma soprattutto per la dolcezza del suo canto nel ruolo di tenore lirico.
Nella seconda parte dello scritto l’autore continua a raccontare aneddoti accaduti a Villarosa e ai villarosani nell’intento di fissare una memoria storica che diversamente andrebbe perduta, con la speranza di ridare alla città quell’antica vitalità economica, sociale e culturale, posseduta nel secolo scorso prima dell’esodo di massa.