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ALTRE STORIE DI VITA VISSUTA A “BELLARROSA”
“C’è sempre un luogo in cui poter ricominciare…”.
Il ritorno ha uno scopo, ma soprattutto ha una meta, ha però anche il volto di coloro che amiamo, ha il sapore delle proprie radici, ha infine i colori dei luoghi della memoria che ci appartengono.
Una storia molto evocativa carica di pathos e a tratti di suspense, i cui personaggi sono tipi umani universalmente riconosciuti e dal valore altamente simbolico.
Attraverso i racconti di storie vissute, il libro in gran parte tratta dell’invasione militare della Sicilia, che nei due anni successivi, si concluse con la sconfitta nazi-fascista e la restaurazione della democrazia in Italia.
Il ragazzino di nove anni che racconta è l’autore, le storie sono narrate con partecipazione non soltanto per le immani sofferenze subite personalmente, ma soprattutto per quelle riguardanti il suo caro zio, che alla vigilia dello sbarco anglo-americano scrisse la sua ultima lettera indirizzata al suo amatissimo nipotino.
Il volume inizia con la presentazione della breve temporale vicissitudine di un Villarosano, grande e sfortunato, Salvatore Gioia, che visse i primi anni della sua esistenza in altra cittadina, sede di lavoro del padre, dove imparò la musica e perfezionò le sue alte capacità canore.
Rientrato in Villarosa, affascinò la cittadinanza per la bellezza fisica e le meravigliose prestazioni ginniche nel gioco del calcio, ma soprattutto per la dolcezza del suo canto nel ruolo di tenore lirico.
Nella seconda parte dello scritto l’autore continua a raccontare aneddoti accaduti a Villarosa e ai villarosani nell’intento di fissare una memoria storica che diversamente andrebbe perduta, con la speranza di ridare alla città quell’antica vitalità economica, sociale e culturale, posseduta nel secolo scorso prima dell’esodo di massa.
miniere di zolfo
Villarosa di Sicilia
SIKELIA è la storia dei minatori grandi e piccoli (carusi) e anche degli esercenti e dei proprietari delle terre sulfuree (duchi, baroni e talvolta sacerdoti) che scavarono, il sottosuolo intriso di zolfo creando “città sotto terra”.
Conoscere la propria lingua è dovere di ogni cittadino, ma tenere presente quella degli avi e il loro modo di vivere dovrà essere un ben più serio impegno. Il grande poeta villarosano, Vincenzo De Simone, nel suo famoso sonetto sul dialetto, dice di amarlo “pirchì cci sentu intra la vuci di tutti li me’ nanni e li nannavi, di tutti li me vivi e li me’ morti”. Dopo questa generazione potranno nascere e crescere Villarosani più attenti di noi.